1978. Arpanet esiste da circa dieci anni come sistema — sconosciuto ai più — per scambiare email e dati tra università e centri di ricerca, soprattutto americani. Stanno apparendo i primi personal computer e i primi rudimentali videogiochi commerciali. Tra un anno apparirà la prima rete mobile 1G ma quasi nessuno la utilizzerà con i telefoni portatili da 2 chili e più.
Chi avrebbe immaginato il mondo digitale di là a venti, trenta, quarant’anni? Neanche gli esperti più temerari sono riusciti a prevedere, nella sua complessa interconnessione e pervasività, la traiettoria evolutiva che ha portato a Internet, al Web, al GPS, agli smartphone, all’ IoT, al machine learning, alla stampa 3D. E ai social media.
Partendo da questa considerazione solo provare a definire il Metaverso — il non luogo digitale che da cui entreremo e usciremo senza soluzione di continuità — diventa una prova ardua. Figuriamoci prefigurare quali saranno le sue forme, le modalità di fruizione, le implicazioni sociali ed economiche che quest’altra realtà produrrà.
Matthew Ball è un profondo conoscitore dell’attuale ecosistema digitale, grazie, tra l’altro, alle sue esperienze come manager in Accenture e negli Amazon Studios. “The Metaverse, And How It Will Revolutionize Everything” è il suo atteso libro (uscito in versione italiana per Garzanti il 20 settembre), preceduto da decine di post scritti negli ultimi due anni sul suo blog.
Ball parte da una mole impressionante di dati, informazioni ed excursus storici per darci la possibilità di formulare le nostre tesi, ipotesi e speculazioni sul Metaverso, pungolandoci con tante domande le cui risposte stanno prendendo forma, più o meno velocemente, in questi anni.
Non c’è dubbio che già frequentiamo un proto-metaverso: ogni volta che facciamo una call, che giochiamo a qualche videogame online, che lavoriamo in remote working, acquistiamo NFT o qualsiasi altra cosa su Amazon, quando cerchiamo l’anima gemella su Tinder, interagiamo sui social o anche solo quando messaggiamo su Whatsapp siamo assorbiti in uno spazio digitale che pervade il nostro quotidiano.
Ma la verità è che la nostra idea di Metaverso si è formata attraverso libri, film, serie tv e videogiochi: quel che ci aspettiamo è un insieme di mondi virtuali in 3D immersivi, interconnessi, persistenti, in cui tramite i nostri avatar ci immergiamo per divertirci, lavorare, socializzare, imparare, assistere a eventi, fare acquisti e sesso in tempo reale. E questa, più o meno, può essere la sintesi della definizione di Ball di Metaverso. E per chi lo ha frequentato, sì, assomiglia a un Second Life elevato a un esponente superiore a due. A tre. A quattro.
Ball lo dice chiaramente: occorre un salto quantico nell’hardware, nel software, nelle velocità di connessione, nella ridefinizione di standard e protocolli per avere esperienze “fluide” e meta-reali in mondi digitali popolati contemporaneamente da decine o centinaia di milioni di utenti.
Non si tratta solo di realizzare occhiali AR, visori VR, tute aptiche comode e performanti.
Ancora, renderizzare, cioè riprodurre digitalmente un mondo con elevatissima definizione, richiede un’incredibile quantità di dati da processare velocemente con sterminate batterie di schede grafiche molto più performanti di quelle attuali.
Chi sta già lavorando per risolvere questo tipo di problemi? Soprattutto i creatori di videogiochi online che si svolgono all’interno di universi virtuali popolati da migliaia di giocatori, come Roblox, Fortnite, Minecraft. Ma ancor più importanti sono le aziende che sviluppano i “game engines”, i motori software che permettono a questi universi di esistere, o quelle che producono i chip grafici come Nvidia: realtà come Unity o Unreal sono tra i candidati al momento più credibili nel diventare i Google, Microsoft, Apple, Facebook del Metaverso.
Ball evidenzia — con molti dati ed esempi storici — come i cambi di paradigma tecnologici vedono entrare in scena nuovi protagonisti che prendono il posto dei vecchi unicorni impantanati nel proprio successo (e che comunque provano a evitare l’estinzione con investimenti miliardari).
In ballo c’è un mercato da trilioni di dollari, con un’economia che probabilmente supererà, in valore, quella tradizionale.
Dato per scontato che il Metaverso sarà un ensemble di mondi virtuali interconnessi, viene da chiedersi se l’architettura dominante sarà centralizzata o decentralizzata. La questione fondamentale è se i dati degli utenti e i loro beni digitali (terreni, avatar, abiti, opere d’arte e un’infinità di altri) saranno realmente di loro proprietà o, come oggi, principalmente nelle mani delle grandi aziende meta-tecnologiche.
Blockchain, NFT, web3, sono tecnologie e architetture volte a rendere i modelli di business più aperti e più favorevoli a utenti, sviluppatori, creativi. Ball ritiene possibile che l’utilizzo delle blockchain possa diventare, se non dominante, estremamente utile nel metaverso, facendo da “cassaforte” per i dati personali e da autostrada per le transazioni tra mondi interoperabili.
Inoltre le blockchain
“forniscono un meccanismo attraverso il quale risorse significative e diversificate, dalla ricchezza alle infrastrutture e al tempo, possono essere facilmente aggregate e su una scala che compete con le più potenti aziende private […] l’unico modo per combattere i giganti aziendali da trilioni di dollari che perseguono opportunità da trilioni di dollari è che miliardi di persone contribuiscano con migliaia di miliardi di dollari in più.”
Il libro di Ball, così “denso”, così prodigo di argomenti da approfondire, a volte ostico ma in grado di diradare almeno un po’ la nebbia del prossimo futuro tecno-sociale ricorda un po’ “Essere digitali”, il bestseller di Nicholas Negroponte che a metà degli anni ’90 ci disvelò quello che ora è già il nostro passato digitale. Nel risvolto di copertina di quel libro leggiamo: “Fra vent’anni, guardando fuori dalla finestra, potrete vedere qualcosa distante da voi 10.000 km e sei fusi orari. […]. Socializzeremo infatti in un vicinato digitale, dove lo spazio fisico sarà irrilevante e il tempo avrà un ruolo differente.” Tra vent’anni, nel Metaverso.