Nostalgie

L’interior design della Base Lunare Alpha

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Base Lunare Alpha, 1.198 giorni dall’abbandono dell’orbita terrestre.

Nella mente del comandante Koenig risuonava ancora la voce algida del computer: “Dati insufficienti, è richiesta decisione umana”. Ancora una volta toccava a lui. Seduto di fronte alla sua scrivania, il volto del comandante era teso e stanco. Operazione Exodus. Era la scelta migliore? Abbandonare Alpha per sempre e trasferirsi su un pianeta pieno di insidie ma anche di opportunità?

In quel momento entrò nell’ufficio del comandante il professor Bergman. Si sedette sulla poltroncina e posò la tazza di caffè bollente sul tavolino, tra i diagrammi e le rilevazioni portate a termine dalle Aquile. Entrambi si guardarono per un istante, ma rimasero in silenzio.

Nello stesso momento la dottoressa Russell, nel centro medico, era impegnata a dosare le terapie per Alan e Sandra, reduci dallo schianto di Aquila 4 sulla rampa di decollo. Gli osservava nei lettini della sala ricovero, illuminati dalla fioca luce delle lampade. Notò Sandra lamentarsi. Alzandosi di scatto, fece cadere l’appendiabiti, ma non se ne curò.


Spazio: 1999 era la mia serie preferita da bambino. E’ rimasta nel mio cuore, nei miei ricordi, nei miei sogni. La fantascienza “umanistica”, alla “Solaris” o alla “2001: Odissea nello spazio”, era arricchita da effetti speciali ancor oggi validi. Gli alfani, naufraghi in un cosmo psichedelico e incomprensibile, erano elegantissimi nelle loro divise avorio, con l’unica traccia di colore della manica sinistra. Gli ambienti della base lunare Alpha sembravano accogliere una collezione di arredamenti e oggetti di design futuristico, eleganti, sinuosi, essenziali…un momento… Era davvero una collezione di design!

Per la prima e unica volta (che io sappia), i set di una serie di fantascienza erano pieni di elementi di arredo progettati da famosi designer. Molti di essi provenivano dalla scuola italiana* che negli anni ’60 e ’70 invase il mondo con la sua creatività e l’approccio industriale al design. Anche le aziende produttrici erano prevalentemente italiane, laboratori di sperimentazioni con materiali e forme innovative.

Voglio fare qualche esempio, con immagini e informazioni prese dal sito Catacombs.net, bibbia della serie, amorevolmente curato, gestito e custodito da Martin Willey.

La “Pileo Floor Lamp” (sopra) è stata disegnata da Gae Aulenti per Artemide. E’ una dei punti luce iconici della base Alpha, insieme alla lampada da tavolo “Sorella” (sotto), disegnata da Rodolfo Bonetto e prodotta da Guzzini.

Nell’immagine seguente, l’assorto professor Bergman (Barry Morse) è seduto sulla poltrona “Toga” di Sergio Mazza (1968, Artemide), accanto alla lampada “Lucciola” di Fabio Lenci (1971, iGuzzini) e al tavolino “Mezzatessera” di Vico Magistretti (1966, Artemide).

Diverse altri oggetti di Magistretti sono stati utilizzati. Anche per via del nome non poteva mancare la celeberrima sedia “Selene” (1971, Artemide), visibile qui insieme alla scrivania “Jarama” di Alberto Rosselli (1969, Saporiti).

Anche l’onnipresente tavolo “Stadio” (1966, Artemide) è di Magistretti.

Il porta-oggetti sulla scrivania di Koenig (Martin Landau) è opera di Pio Manzù (1969, Kartell), figlio dello scultore Giacomo e disegnatore della Fiat 127. La sedia è invece tedesca (1972, Odo Close).

L’appendiabiti nella stanza della seducente dottoressa Russell (Barbara Bain) è “ Melpomene”di Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers realizzato da Artemide.

Non poteva mancare un frammento della perduta via italiana all’elettronica e all’informatica perseguita dalla Olivetti: la calcolatrice “Divisumma 18”, disegnata da Mario Bellini e utilizzata in un episodio come improbabile precursore di Google Translator.

Anche gli alieni, nella serie ideata da Gerry e Sylvia Anderson, hanno un notevole gusto estetico. In un’astronave troviamo per esempio una poltrona del designer Joe Colombo, “Elda” (1965, Comfort).

Di Joe Colombo troviamo anche il carrellino da ufficio “Boby” (1971, Bieffeplast).

Non può infine mancare, in questa breve rassegna, un cenno alle uniformi unisex (“tuniche”) create dallo stilista e attivista gay americano Rudi Gernreich, amico di Barbara Bain.

Foto tratta da gerryanderson.co.uk

*Un’interessante storia del design italiano può essere ripercorsa attraverso la tesi di laurea di Simona Scopelliti.