Pubblicato originariamente sul blog di Produzioni dal Basso
Un fenomeno emergente nel mondo universitario americano è quello che vede l’utilizzo del crowdfunding tra studenti, ex alunni e ricercatori, spesso supportati in questa attività dalle stesse autorità accademiche.
Non bisogna meravigliarsi. Chi frequenta le università oggi o chi si è laureato negli ultimi anni rientra nell’etichetta generazionale dei millennials ed è cresciuto con internet e il web prima e con i social media dopo. Sia gli strumenti del mondo digitale che le filosofie di partecipazione e condivisione fanno parte del loro DNA.
Esistono raccolte fondi di ogni tipo: universitari che vogliono pagarsi le rette o il master, professori che cercano di finanziare progetti di ricerca, squadre di football (o cheerleader) alla ricerca di divise e attrezzature, compagnie teatrali che stanno realizzando uno spettacolo o ex studenti che cercano investitori tramite l’equity crowdfunding.
Il punto centrale è che le università statunitensi si stanno attivando sempre di più per diventare esse stesse fornitrici di servizi di crowdfunding attraverso partnership con piattaforme esistenti o realizzando la loro personale piattaforma ex novo sfruttando spesso le offerte “white label” di aziende fornitrici di tali soluzioni come Hubbub o Crowdfunder.
Ci sono numerosi elementi che giocano a favore di piattaforme “brandizzate” dalle università, alcuni dei quali si ancorano alle peculiarità del mondo universitario americano che vede, per esempio, gli ex-studenti sempre molto legati alla loro “alma mater” tanto da farne spesso oggetto di donazioni.
Un altro punto di forza dell’ “in-house crowdfunding” è da ricercarsi nella community intra-universitaria, molto forte e coesa, composta non solo da studenti ma anche da professori, ricercatori e staff; inoltre esistono molteplici canali di comunicazione on e offline gestiti o ospitati all’interno della struttura (magazine, forum, pubblicità, siti, radio, confraternite) che permettono di pubblicizzare efficacemente le varie campagne.
L’approccio centralizzato offre alle università uno spazio unico che consente un certo controllo sulle campagne stesse e sul loro corretto svolgimento. Altro vantaggio è che con una piattaforma a disposizione, l’università è in grado di avere un ulteriore canale di raccolta fondi per i propri progetti di ricerca, spedizioni scientifiche, borse di studio e corsi speciali. Da non sottovalutare il fatto che le commissioni sulle donazioni sono minori rispetto a piattaforme esterne e possono essere riutilizzate dall’università per il finanziamento di altri progetti interni. Le piattaforme universitarie di crowdfunding sono inoltre considerate, negli Stati Uniti, nonprofit e quindi le donazioni sono tax-free.
Una variazione sul tema è una piattaforma come Crowdfund Campus, un hub che raccoglie varie università permettendo di raggiungere più facilmente la massa critica di donatori.
Nel caso dell’equity crowdfunding occorre mettere in conto l’ulteriore vantaggio di poter contare sulla rete di partner del mondo industriale, finanziario e culturale di cui può disporre un’università oltre che del sostegno di molte imprese fondate da ex studenti.
Questa è un elenco delle piattaforme di crowdfunding universitarie preso dal sito bankerbible.com
- Arizona State University
- University of California, Berkeley
- Boston University
- Bowling Green State University
- Cornell University
- Dalhousie University
- Johns Hopkins University
- Massachusetts Institute of Technology
- Michigan Technological University
- Penn State University
- Pepperdine University
- University of California Los Angeles
- University of California Santa Cruz
- University of Colorado Boulder
- University of Maryland
- University of Mississippi
- University of Rochester
- University of Texas Austin
- University of Texas Dallas
- University of Texas San Antonio
- University of Virginia
Anche le università europee si stanno muovendo, dall’Università dell’Essex al Barnsey College in Gran Bretagna, dall’Università di Lione in Francia a quella di Groningen in Olanda. Quest’ultima università ha una delle piattaforme più vivaci, con campagne interessanti come quella che ha permesso di raccogliere 40.000 euro per una ricerca sulla sterna artica…
In Italia spicca l’iniziativa dell’Università di Pavia che con la sua piattaforma Universitiamo raccoglie fondi per progetti di ricerca; ricercaetalenti.it è una piattaforma della Fondazione Fondo Ricerca e Talenti legata all’Università di Torino ma non sembra particolarmente attiva, almeno sul fronte crowdfunding (solo tre progetti finanziati, nessuno in finanziamento).
Conoscete altre esperienze di “in-house crowdfunding” da parte di università italiane?
Update: Elisabetta Casarin mi segnala la piattaforma dell’Università di Padova bitedoglymphoma.com dedicata a una campagna a favore della ricerca sul linfoma dei cani.