Insieme con una mappatura delle piattaforme di sharing economy è appena uscito il report 2016 sul crowdfunding in Italia curato da Ivana Pais (TRAILab) e Marta Mainieri (Collaboriamo.org).
Leggendolo, ne esce un quadro ambiguo, con una crescita in termini di raccolta ma con una serie di criticità da non sottovalutare.
Andiamo per ordine.
Su 68 piattaforme attive censite (ma Cineama non ha mai fatto direttamente crowdfunding), hanno risposto al questionario utilizzato per la ricerca solo 41 (il 59%) e di queste due sono in fase di lancio. Per un settore che dovrebbe fare della trasparenza e della condivisione i punti focali della sua attività questi numeri appaiono troppo bassi. Mi chiedo quale sia il ragionamento – se c’è… – dietro il rifiuto a rispondere a un questionario realizzato da esperte conosciute e apprezzate.
Un altro dato che mi ha lasciato perplesso è il fatto che molti fondatori svolgano altre attività oltre alla gestione della propria piattaforma: per esperienza so che occorre molta dedizione non solo per far nascere un progetto imprenditoriale ma soprattutto per farlo crescere ed evolvere.
Dalla ricerca scopriamo che,
mediamente, lavorano per ciascuna piattaforma 5,9 persone, di cui 3,0 lavoratori dipendenti, 1,8 donne, 2,7 under 35 e 0,1 stranieri.
Questi numeri non depongono a favore di una visione matura e “professionale” del settore, indicando che si è ancora in una fase pionieristica. A riprova di ciò si evidenzia anche che
nonostante stia aumentando il numero di utenti mensilmente attivi, il numero degli scambi evidenzia che sono ancora poche le piattaforme realmente attive.
Anche il fatto che per le revenues la percentuale sul transato pesi il 61% rispetto ad altri canali (servizi aggiunti, accordi con partner, sponsorizzazioni) potrebbe essere indice di un settore acerbo.
Da un punto di vista tecnologico, appare strano il fatto che solo il 9% degli utenti usi delle app per interagire e donare a fronte di un un traffico da #mobile in Italia che nel 2016 è in crescita del 29% sul 2015, e pesa il 21%; sarebbe interessante conoscere dati sugli accesi alle piattaforme da dispositivi mobili (non via app).
Il tasso medio di successo delle raccolte fondi è passato dal 30% del 2015 al 33% del 2016: buon risultato, non eccezionale. Migliore il dato sulla raccolta complessiva (ricavato dalla ricerca Starteed pubblicata un paio di mesi fa) che aumenta, con i 91,8 milioni di euro raccolti, del 62% rispetto al 2015.
Per finire, sono altri tre dati preoccupanti: la scarsa attitudine all’investimento (e 14 piattaforme hanno preferito non rispondere…), il fatturato medio (in crescita rispetto al 2015 ma ancora basso con i suoi 170.000 euro) e le fonti di finanziamento legate per lo più a fondi personali.
Il crowdfunding italiano cresce, ma lentamente e con problemi legati alla trasparenza, ai numeri ancora troppo piccoli e alla maturità delle strategie imprenditoriali.