Blockchain

Giornalismo, editoria e NFT: la cripto-piattaforma di publishing Mirror e il caso di studio Dirt

Nel 2010, insieme ad Antonio Badalamenti, avevamo avviato un progetto di giornalismo partecipativo. Ispirati e incoraggiati da David Cohn, ideatore negli Stati Uniti di Spot Us, provammo a realizzarne una versione italiana. Implementai un prototipo di piattaforma, cominciammo con un piccolo team a raccogliere proposte di inchieste giornalistiche sia da parte di utenti che di giornalisti, testammo le funzionalità. Il progetto venne selezionato per il contest di finanziamento Working Capital di Telecom ma, avendo poi vinto lo stesso contest con un altro progetto, dovemmo a malincuore abbandonare l’idea.

Da allora ho continuato a seguire l’evoluzione di progetti di varia natura legati a contenuti finanziati “dal basso”.

Il crowdfunding prese piede, arrivarono le blockchain e poi gli NFT.

Ora un progetto circondato da un alone di mistero coniuga tutte queste filosofie e tecnologie: Mirror.

Mirror, il cripto-Medium tra DAO, NFT e crowdfunding

Se ne sa poco. Lanciato — sembra -nel gennaio del 2021 e basato sulla blockchain Ethereum si presenta così:

“Attraverso una rete decentralizzata, di proprietà degli utenti e basata su criptovalute, la piattaforma di pubblicazione di Mirror rivoluziona il modo in cui esprimiamo, condividiamo e monetizziamo i nostri pensieri.”

Più prosaicamente, si può etichettarla come una sorta di cripto-Medium, piattaforma decentralizzata di pubblicazione per autori, giornalisti e scrittori basata su blockchain.

Tra la “segretezza” e i meccanismi non proprio immediati legati a token, smart contract e simil-DAO comprenderne il funzionamento non è semplice. Cercherò di illustrarne le funzionalità principali, perché vi sono vari aspetti che risultano, seppur non sempre originali, comunque interessanti.

Per avere accesso a una guida, occorre collegarsi attraverso il proprio wallet Ethereum (per esempio Metamask).

Partiamo da come si può entrare nella cerchia degli autori.

Tutto è incentrato su un token, il $WRITE e un meccanismo di selezione settimanale da parte della comunità. I primi token sono stati distribuiti gratuitamente — tramite un airdrop – a chi si è iscritto a una lista d’attesa. Durante questi round di selezione, i membri che possiedono $WRITE votano per scegliere i prossimi 10 autori da far entrare nella “redazione”. Più token si possiedono, più “vale” il voto. I vincitori ricevono un $WRITE che possono spendere per creare la loro pubblicazione.

Questo meccanismo vorrebbe rendere la community partecipe, arbitro della qualità e conseguentemente dell’economia della piattaforma. Più i contenuti sono interessanti e coinvolgenti, più il $WRITE dovrebbe acquisire valore. Ma come gli stessi promotori del progetto dichiarano, questa è una fase di sperimentazione che servirà a indirizzare i prossimi passi.

I post — con testi, immagini e/o video — possono essere associati a un NFT, “mintabile” (coniabile è meglio) su diversi marketplace come EthBlock.art, Foundation, Rarible, SuperRare e Zora. Questo NFT può essere messo all’asta. Chi la vincerà, potrà leggere l’articolo o, se è una testata, pubblicarlo (almeno così sembra). Naturalmente potrà anche essere rivenduto.

Con un’operazione di “splitting” inoltre, l’autore può creare l’NFT reindirizzando parte dei guadagni derivanti dalla vendita (o anche dalle rivendite nel mercato secondario) ad altri soggetti che hanno contributo al contenuto (o anche, per esempio, ad associazioni di beneficenza). Da poco è attivo un sistema di creazione condivisa del contenuto.

È possibile anche effettuare campagne di crowdfunding per finanziare, come nel mio progetto di undici anni fa, inchieste giornalistiche ma anche ricerche, romanzi, reportage fotografici e qualsiasi altra forma di contenuto. Qui è possibile vedere una di queste campagne.

I finanziatori del progetto ricevono dei token che, oltre a fungere da prova del patronato, hanno il potenziale per essere riscattati dal valore generato dal progetto stesso.

Queste del crowdfunding tokenizzato e dello splitting non sono certo idee nuove. Le blockchain, in particolare Ethereum, hanno da subito alimentato la speranza di sistemi rapidi, efficienti e automatici di condivisione e redistribuzione automatica dei profitti.

Comunque gli ideatori della piattaforma ipotizzano che in un prossimo futuro

“il creatore possa essere l’operatore di un DAO che produce molte opere, ciascuna coniata come NFT, con entrate continue dal trading che tornano alla DAO. I finanziatori della DAO possono quindi aspettarsi profitti superiori a quelli provenienti dalle vendite del primo NFT.”

DAPH (Decentralized Autonomous Publishing House)? O DAN (Decentralized Autonomous Newsroom)?

Curiosamente, il contratto è ERC20-compatibile (token fungibili), quindi non si potrebbe parlare propriamente di NFT.

Esaurita la parte cripto-tecnico-economica, com’è la qualità dei contenuti? La domanda è difficile perché…non c’è un indice delle pubblicazioni. Facendo una ricerca con Google su indirizzi del tipo *.mirror.xyz (lo standard per Mirror), ne ho trovate alcune scritte probabilmente da persone che gravitano intorno al progetto. Focalizzate su blockchain, NFT, DAO e simili sembrano di buona qualità: un esempio questo post di Graeme Boy (che ho scoperto essere il CTO di Mirror) sulle identità emergenti nei cripto-network.

La newsletter Dirt, un caso di studio

Un caso di studio interessante riguardo le possibilità aperte da un progetto come Monitor è quello della pubblicazione Dirt. Lanciata nel dicembre 2020 da Kyle Chayka, giornalista freelance, è una newsletter dedicata al digitale e all’entertainment. Dopo aver raggiunto circa 4.000 abbonamenti, Chayka ha voluto sperimentare una modalità di crowdfunding via NFT per finanziare una “stagione”, ovvero due mesi di pubblicazione. I soldi raccolti servono per remunerare gli autori dei contenuti (viene indicato un compenso di 1$ a parola…), il lavoro di editing e di scrittura dei fondatori, marketing e progetto grafico degli NFT.

Sono stati coniati via Monitor 131 NFT associati a una gif animata (che, anche se disegnata da un illustratore famoso, trovo bruttissima). Cento sono stati messi in vendita a 0.05 ETH (circa 100 euro), 30 per 0.2 ETH (circa 400 euro) e uno messo all’asta.

In una settimana sono stati tutti venduti raccogliendo circa 12 ETH, ovvero 25.000 euro.

Chayka ha scritto un post su Monitor per raccontare e condividere le sue impressioni sulla campagna.

Perché gli utenti hanno comprato questi NFT? Per sostenere la pubblicazione in primo luogo: una base di qualche migliaio di sottoscrittori aiuta molto in una campagna di crowdfunding. Considerate però che qui si trattava di avere utenti non solo volenterosi ma anche non digiuni di criptovalute, dovendo comunque avere un wallet per effettuare l’acquisto.

Vi è stata anche una componente di curiosità e di divertimento; alcuni, soprattutto chi ha acquistato più NFT o l’edizione singola (per più di un ETH), sicuramente sono stati mossi da desiderio di effettuare un investimento.

Alcuni NFT sono stati subito rimessi in circolazione nei mercati secondari — anche per cifre alte — ma al momento non sono stati rivenduti.

Monitor non prevede direttamente una percentuale sulle rivendite successive ma su Zora, per esempio, si ha il 15% di fee sulle transazioni successive alla prima. Questa forma di ricavi, a regime, potrebbe costituire, secondo Chayka, una forma di finanziamento che eviterebbe di rilasciare nel tempo troppi NFT, compromettendone la caratteristica di scarsità.

Il fondatore di Dirt suggerisce anche che i token, come $WRITE di Monitor, potrebbero essere usati come surrogati dei paywall, permettendo la lettura dei contenuti solo a chi ne possiede. Aggiunge inoltre che occorre trovare sinergie più strette tra NFT e contenuto: ”Queste risorse digitali hanno un linguaggio e un vocabolario tutto loro; il miglior analogo non è l’arte da collezione ma gli acquisti in-app (ndt contenuti extra o abbonamenti), in cui gli acquisti approfondiscono la relazione e il coinvolgimento dei clienti con il marchio.

Quale che sia il destino di questi progetti, essi forniscono più di uno spunto di riflessione sul rapporto possibile tra giornalismo, editoria, blockchain e NFT.

Originariamente pubblicato su Medium