Pubblicato originariamente sul blog di Produzioni dal Basso
Negli ultimi tempi si assiste alla nascita di nuove figure professionali che si occupano di consulenza e gestione di campagne di crowdfunding. Un articolo della versione online del quotidiano inglese The Guardian si occupa del fenomeno.
In Inghilterra lo scorso anno le maggiori piattaforme di crowdfunding hanno raccolto più di 52 milioni di sterline (in Italia più di 90 milioni di euro). Sempre più persone si affidano a questa forma di finanziamento, sia per piccoli progetti che per avviare una startup attraverso l’equity crowdfunding.
Progettare e gestire una campagna non è un’attività banale (ne avevo scritto qualche tempo fa): richiede conoscenze di marketing, di PR, di social media management, capacità di studio e analisi del settore a cui la campagna si rivolge e altre “soft skills” come l’uso di servizi di email marketing o di editing video. Occorre avere molto tempo a disposizione, capacità organizzative e di pianificazione, costanza, determinazione e un’ottima conoscenza di fondo delle dinamiche di questa forma di auto-finaziamento
Molti di coloro che intendono utilizzare il crowdfunding sottovalutano uno o più di questi aspetti fondamentali; alcuni pensano che basti scrivere due righe e mettere qualche foto su una piattaforma qualsiasi, magari fare un video alla bell’e meglio e la gente arriverà in massa regalando o investendo migliaia di euro su di loro e la loro idea.
Non è così, almeno nella grande maggioranza dei casi (esistono alcune campagne mal impostate ma fortunate…).
Può essere utile se non addirittura necessario avvalersi di un aiuto, fermo restando che l’impegno in prima persona del progettista rimane fondamentale.
L’articolo del quotidiano britannico analizza alcuni casi di successo in cui il contributo di consulenti o di agenzie esperte nel settore ha avuto un ruolo cruciale. Vengono identificati diversi approcci alla consulenza:
· agenzie come Twintangibles organizzano corsi e workshop per aiutare le persone a gestire al meglio la loro campagna ma non intervenendoci direttamente;
· TribeFirst è una “out-and-out crowdfunding agency”, si occupa cioè del lato marketing delle campagne, richiedendo una piccola quota fissa più una percentuale sul totale raccolto;
· altre agenzie si concentrano sulla parte finanziaria di campagne di equity crowdfunding con in ballo cifre sostanziose (da 100.000 sterline in su); CrowdFundMe2 assiste le aziende o le startup nel definire sia il target della raccolta sia la gestione del capitale raccolto;
· oltre alle agenzie vi sono i consulenti freelance (o “campaign manager”) che dovrebbero seguire passo passo i progettisti dalla fase di preparazione a quella post raccolta. Offrono supporto continuativo e, a seconda del tipo di accordo, possono alleggerire il creatore della campagna facendo molto del lavoro “sporco”, come quello di organizzare in sottogruppi l’archivio email e contatti del progettista, solo per fare un esempio.
Qual è il pensiero delle piattaforme di crowdfunding sul tema delle consulenze? Alcune sono piuttosto tiepide a riguardo mentre altre le considerano un valore aggiunto che può essere di supporto al loro core business; Kickstarter ha lanciato un programma pilota chiamato Kickstarter Experts in cui una rete di consulenti è curata ma non affiliata alla piattaforma madre.
La cautela di certe piattaforme riguarda la consulenza è comprensibile. Il problema, anche in Italia, è che esperti che possiedono tutte le competenze sopra descritte convivono con figure ambigue e/o inadeguate che non aiutano una crescita sana e trasparente del crowdfunding nazionale.
D‘altro canto questo è un problema che affligge tutti i settori “giovani”, nei loro primi anni di crescita: gli esperti si sono dovuti formare da soli, le regolamentazioni e le forme di tutela sono scarse, si deve ancora creare una minima base di conoscenze e “meccanismi di difesa” da parte del grande pubblico.
Come fare allora per scegliere, se lo si reputa necessario, un consulente per il crowdfunding?
Come sottolineato da crowdexpert.com per prima cosa:
è indispensabile che un consulente condivida con il creatore della campagna la stessa passione, la stessa filosofia e lo stesso approccio al progetto.
Appurato ciò (e qui i consigli del quotidiano si fondono con i miei) si devono fare domande, esigere risposte motivate con dati e statistiche, comprendere cosa dovrete fare in prima persona e quale attività verranno svolte dal consulente. Le referenze — campagne già seguite — sono importanti ma ancor di più lo è la conoscenza a tutto tondo dei meccanismi e delle strategie da attuare che il consulente deve dimostrarvi. Un indice di serietà è la promessa di un report almeno settimanale con tutte — ma proprio tutte — le attività svolte sui social, nel web, offline e le ricerche fatte sul settore specifico oggetto della campagna.
Se il consulente richiede, oltre a una ragionevole per percentuale sulla cifra raccolta, una piccola quota fissa non c’è da scandalizzarsi: un crowdfunding progettato bene è comunque anche una campagna di comunicazione e marketing che “rimane” al di là del risultati.
Ma nel caso il candidato consulente garantisca la riuscita della campagna al 100% e se non appare schietto nell’esprimere i suoi dubbi e perplessità (per esempio sull’entità della cifra da raccogliere), beh, probabilmente non è la persona che fa per voi.