English version on “The Startup”
La tecnologia blockchain comincia a incuriosire le aziende: CEO, manager, CTO, direttori commerciali pongono domande, esprimono dubbi, chiedono chiarimenti. Esperti in giro ve ne sono pochi, e io non posso considerarmi tale. Ma ho passato gli ultimi mesi, ormai quasi due anni in realtà, a documentarmi, a studiare e anche a “sporcarmi” le mani con codice e frameworks. Niente di particolare, non voglio diventare sviluppatore blockchain ma per comprendere alcuni aspetti e poter dare risposte esaurienti bisogna almeno avere un’idea di cosa si nasconda dentro i blocchi. Del resto sono blocchi, non scatole nere (ingegneristicamente parlando)…
Ipotizziamo che il rappresentante di un’azienda vi chieda informazioni sulla blockchain e ponga le cruciali domande: cos’è? Può esserci utile?
Prima di tutto date una sintetica definizione, per esempio:
La blockchain è una tecnologia che permette di costruire e gestire una sorta di registro digitale distribuito e inalterabile nel quale vengono memorizzate le transazioni (di qualunque tipo) validate dai nodi di una particolare rete.
La prima cosa che dovreste spiegare è la differenza tra una blockchain pubblica (e gli farete l’esempio di Bitcoin o Ethereum) e una privata (permissioned). Ne ho già parlato in un precedente articolo, quindi non mi fate essere ridondante.
Ricordo solo che una in blockchain privata (o DLT, Distributed Ledger Technology) i partecipanti sono noti, vi si trattano asset e ci sono procedure che garantiscono la riservatezza, permettendo solo alle entità direttamente coinvolte in una specifica transazione di accedere ai suoi dati (accesso e avallo selettivo). Con specifici programmi embeddati nella blockchain (smart contracts) è inoltre possibile gestire le transazioni in maniera automatica, secondo termini definiti ed eseguiti all’interno della blockchain, verificabili e certificati.
Stabilito che nell’esempio in questione si parli di blockchain privata c’è capire, almeno a grandi linee, se l’azienda potrebbe beneficiare di questa tecnologia.
In giro sul web vi sono diversi diagrammi di flusso che permettono di giungere a una risposta approssimativa in maniera rapida. Uno di quelli che preferisco è quello riportato di seguito.
Sostanzialmente, se un’azienda fa parte di una rete di business (network business) piuttosto sviluppata, con diversi partner, fornitori, committenti, spedizionieri, aziende satellite e in generale numerosi “stakholders”, l’idea di sperimentare la tecnologia blockchain potrebbe essere presa in considerazione.
Pensandoci, in Italia una realtà che probabilmente ne beneficerebbe potrebbe essere quella dei distretti industriali.
Procedendo il confronto con l’azienda si arriverebbe prima a fare un esempio per poi elencare i possibili vantaggi dell’adozione della tecnologia.
Un esempio piuttosto esplicativo da fare è quello della supply chain, la gestione delle forniture e della distribuzione di un’azienda; non a caso, è uno dei settori più interessati alle blockchain, vista come una sorta di “sistema operativo per supply chain”.
Generalmente vi sono diverse parti in causa coinvolte nella supply chain con diversi sistemi, protocolli, database che memorizzano a volte in maniera non coerente o errata gli stessi dati riguardo le transazioni e i passaggi di mano delle merci; le varie fasi sono soggette a validazioni e controlli, spesso ridondanti. E la tracciabilità precisa e rigorosa dei prodotti può risultare comunque problematica. Inoltre occorre spesso l’intervento di terze parti come banche, assicurazioni, regolatori.
Tutto questo causa problemi di efficienza e di aumento dei costi.
Usare una blockchain significa avere a disposizione un meccanismo che abilita e “struttura” la fiducia tra le parti, che conservano ciascuno la propria copia, sempre aggiornata, del “libro mastro” delle transazioni. I dati sono validati, identici e sempre disponibili per controllo. Si hanno anche interazioni più dirette e veloci, gestite da algoritmi e pezzi di codice (smart contracts).
Uno dei casi di studio più convincenti è quello legato al sistema di tracciabilità tramite blockchain del tonno in Indonesia sviluppato da Provenance. Questa piattaforma permette alle aziende di tracciare in modo efficiente e trasparente i loro prodotti. Nel caso specifico si coniugano gli aspetti legati a una supply chain alla tracciabilità end-to-end di un prodotto: dal pescatore, all’industria di trasformazione, dal commerciante al consumatore finale.
Ogni fase del viaggio del tonno pescato e delle sue parti viene registrato in una blockchain grazie a tecnologie relativamente semplici come tag RFID o QR Codes, aggiungendo ad ogni fase le certificazioni e effettuando controlli automaticamente, grazie agli smart contracts.
Nel diagramma di flusso viene sintetizzata la filiera e i passaggi registrati su blockchain, passaggi che i consumatori possono consultare tramite un’app.
Un caso d’uso anche visivamente interessante da proporre è quello delle lettere di credito.
In sintesi i possibili vantaggi che possono derivare dall’utilizzo di una blockchain ben progettata sono:
· Immutabilità, perché si ha a che fare con una struttura dati in cui è solo possibile aggiungere i dati, ma non cambiarli e cancellarli.
· Sicurezza e ridondanza, perché i dati sono crittografati e sono decentralizzati, con copie consistenti e consolidate possedute da più parti.
· Riduzione dei costi e aumento dell’efficienza, perché diminuisce la necessità di affidarsi a terze parti (o perché esse vengono abilitate a partecipare alla blockchain), perché le transazioni e i pagamenti risultano più veloci e perché molti passaggi (controlli, misurazioni ecc.) possono essere effettuati, memorizzati e resi disponibili a tutte le parti in causa in maniera automatica.
. Scalabilità, perché aggiungere un nodo, per esempio un fornitore, a una blockchain esistente è un’operazione a minor costo rispetto alle soluzioni attualmente usate per integrare un nuovo soggetto nella filiera aziendale.
Se pensiamo poi all’integrazione della blockchain con tecnologie come l’IoT le possibilità e i vantaggi aumentano esponenzialmente: pensiamo ancora alla tracciabilità o alla gestione e controllo della catena del freddo.
Probabilmente a questo punto si è riusciti perlomeno a incuriosire il nostro interlocutore. Ma due domande, prima o poi, arrivano.
“Ok, ma cos’è in pratica una blockchain?”
In estrema sintesi una blockchain non è altro che un file (possiamo pensarlo come un file di log) che per essere letto e maneggiato ha bisogno di un programma specifico: invece che — per dire — usare Excel, si usa il software che implementa le funzionalità di una blockchain. Questo programma gestisce anche le comunicazioni tra i nodi della rete, le autorizzazioni, le validazioni delle transazioni e la loro raccolta in blocchi ecc. Le comunicazioni tra i vari nodi della rete avvengono tramite internet con API e architetture di tipo REST.
Il file e il programma risiedono sui server (o nel cloud) dei partecipanti alla rete di business.
Ho semplificato al massimo ma per capirne di più bisogna approfondire. Le cose diventano un poco più complicate. Nel prossimo articolo entrerò più nel dettaglio, sfruttando come framework di riferimento Hyperledger Fabric di IBM.
La seconda domanda che sicuramente arriverà è:
“Sembra tutto interessante ma è possibile integrare una blockchain con i sistemi, le procedure e i software (es. ERP) già presenti in azienda?”
Una risposta onesta potrebbe essere “Sì, considerando la blockchain un livello di controllo sopra un ERP o un altro sistema di controllo dati”. Ma non sarà un’operazione semplice. Bisogna considerare, inoltre, che occorrerà convincere anche i partner della propria rete di business ad accettare questa tecnologia. Le sfide non mancheranno, come testimonia il caso di studio citato.
Ma l’adozione di nuove tecnologie è sempre un processo complicato e a volte frustrante. Pensate all’adozione dei computer nelle aziende o all’ingresso di internet e del web nel mondo dell’industria, del commercio e della finanza. Si può dire, a posteriori, che gli sforzi fatti ne siano valsa la pena, non trovate?
Riferimenti