In un gruppo LinkedIn è comparsa un’interessante discussione in merito alla scelta tra blockchain e database relazionali.
Il punto è, come sottolinea Ivan Vankov in un commento
che le blockchain/DLT NON sono state create per sostituire i database relazionali; sono state sviluppate per risolvere problemi che sopraggiungono quando più parti, che non si fidano tra di loro, hanno interazioni dinamiche.
Aggiunge Koen Vingerhoets
Si possono usare blockchain per tenere traccia della “verità”, per essere in grado di certificare gli elementi di un processo, chi e come li ha gestiti.
If it’s disputable -> put a trace on a blockchain
Ivan Vankov ha anche postato un diagramma per capire se adottare una blockchain.
Vedere una blockchain usata “in produzione” e in un contesto reale vale più di 50 progetti sperimentali.
La Louis Dreyfus, un gigante del settore agricolo con più di 55 miliardi di fatturato e l’azienda cinese Bohi Industry Co hanno completato una transazione di commodities tramite blockchain.
Secondo quanto riportato da Trustnodes
questa transazione comprendeva un set completo di documenti digitalizzati (contratto di vendita, lettera di credito, certificati) e corrispondenza automatica dei dati, evitando così la duplicazione delle attività e i controlli manuali.
La transazione, che ha rispecchiato il processo basato su carta, ha dimostrato significativi miglioramenti dell’efficienza per tutti i partecipanti alla catena.
Il tempo impiegato per l’elaborazione di documenti e dati è stato ridotto di cinque volte. Altri vantaggi includono la possibilità di monitorare i progressi dell’operazione in tempo reale, la verifica dei dati, il rischio ridotto di frodi e un ciclo di cassa più breve (traduzione mia).
Non sono stati rilevati dettagli su quale blockchain sia stata usata ma tutti gli attori in gioco, aziende, banche, spedizionieri, ispettori sono stati favorevolmente impressionati dall’efficacia di questo sistema.
Fonte: trustnodes.com
Dalle Filippine arriva l’idea di usare una blockchain (Ethereum in questo caso) come strumento a favore dei 150 milioni di persone che nel mondo si trasferiscono in un paese straniero per lavoro. Molto spesso questi lavoratori- come quelli filippini che arrivano nei ricchi stati arabi- firmano un contratto a certe condizioni nel loro paese d’origine, condizioni che vengono poi spesso disattese una volta giunti a destinazione. Paghe minori, più ore lavorative senza retribuzione, nessuna assistenza sanitaria fino ad arrivare a vere e proprie limitazioni dei diritti umani.
Leandra Tejedor, una delle fondatrici di Handshake, spiega in un’intervista a Devex che
la nostra piattaforma consente alle agenzie e ai datori di lavoro di creare un contratto standardizzato, che viene quindi archiviato sulla blockchain e firmato con identità uPort (ndt sempre basata su Ethereum), creata per l’occasione. Questa è la loro identità sulla blockchain. Poiché è in un server decentralizzato, i lavoratori hanno accesso ai contratti; e i governi che vogliono assicurarsi che i loro cittadini siano al sicuro hanno anche visibilità e accesso a tali contratti. (traduzione mia)
Nel white paper a disposizione sul sito si trova una tabella riassuntiva dei possibili vantaggi che le parti in causa (lavoratori, datori di lavoro, agenzie di reclutamento) possono avere da questa soluzione. Le ricevute di pagamento, ad esempio, essendo emesse sulla blockchain, sono tracciabili dalle agenzie governative che possono facilmente monitarare gli adempimenti fiscali mentre i migranti possono essere tutelati da eventuali cambiamenti dei termini e delle condizioni proprio perché i contratti sono visibili anche alle agenzie e ai governi degli Stati d’origine.
Fonte: devex.com