Una delle aspettative che accompagnano la tecnologia blockchain è quella di aiutare l’”economic divide” che separa il mondo industrializzato dai paesi meno sviluppati.
In particolare è l’accesso al credito uno dei problemi più importanti: 2 miliardi e 700 milioni di persone non hanno accesso al capitale.
Mir Haque, scrittore e venture capitalist con esperienze in McKinsey & Co., Deutsche Bank e Google, attualmente CEO di un fondo dedicato alle blockchain e alle cryptovalute, Aphea Capital, ne parla in questo post.
Haque cita due “economic identity platforms”, BanQu e Humaniq, che permettono — con un semplice telefonino Android — l’accesso al mercato dei capitali partendo da una scansione della retina o da un selfie. È importante che questo avvenga via telefoni mobili, visto che il 60% degli “unbanked” nel momdo possiede comunque uno di questi dispositivi.
La tecnologia blockchain può rivoluzionare il microcredito e le attuali piattaforme di prestito peer-to-peer; questi modelli di finanziamento hanno il limite, per i creditori, di avere notevoli lacune quando si tratta di sapere come vengono spesi i prestiti. Factom utilizza la tecnologia blockchain per tracciare gli esborsi del fondo, mentre Rootstock, una piattaforma peer-to-peer basata su Ethereum, consente alle banche di utilizzare smart contracts per gestire i prestiti, riducendo ulteriormente i costi di elaborazione.
Fonte: knowledge.wharton.upenn.edu
In un articolo su ilfoglio.it il sindacalista Marco Bentivogli — famoso nel mondo sindacale per essere un “eretico” non tecnofobico — parla di blockchain.
Ne illustra sinteticamente alcune potenzialità nel mondo del lavoro e dell’Industria 4.0.
Trascrivo un paio di passaggi.
Validare digitalmente il dialogo tra le macchine, le persone, i big data, avrà implicazioni importanti. Le blockchain hanno il potenziale per diventare un paradigma di riferimento per i modelli produttivi e di business in ogni settore. […] Pensiamo all’attuale produzione manifatturiera, a come cambia il ciclo di vita del prodotto, a come si prolunga col riciclo, alle norme sullo smaltimento. Questi passaggi sono spesso ignoti, al buio, e con alte inefficienze e danni ambientali. Con il digitale e la Blockchain lungo tutta la filiera della produzione, fino al riciclo o lo smaltimento, aprono enormi spazi di lavoro e di migliore utilizzo delle risorse naturali.
E ancora.
Di certo la trasparenza che assicurano questi registri digitali distribuiti, se ben gestita, può fare bene a consumatori finali e anche ai lavoratori. Schede tecniche dei materiali, tracciabilità dei processi e delle localizzazioni delle produzioni sono utili per il consumatore, che può meglio valutare la qualità del prodotto. Ma anche la salute del lavoratore trarrà vantaggi. Pensiamo a quanto può essere meglio valorizzato “l’umano” in una filiera in cui ci sono materiali di bassa qualità o nocivi, processi produttivi errati ecc.
Fonte: ilfoglio.it
Una carta d’identità immodificabile e trasparente, con chilometri percorsi, stile di guida, incidenti subiti, manutenzione. Come? Con una blockchain ovviamente.
Sull’inserto Auto de La Repubblica (21/11/17) un articolo di Jaime D’Alessandro parla dei progetti per l’auto del futuro, sviluppati in partnership tra IBM e ZF, colosso dell’industria tedesca che produce componentistica per i trasporti.
Uno di questi è appunto Carpass, un eWallet che raccoglie tutti i dati di un veicolo.
Per coincidenza ho letto nello stesso giorno anche di uno studio del Parlamento Europeo sul possibile uso della tecnologia blockchain per contrastare la cosiddetta “frode degli odometri” in cui viene taroccato il contachilometri di un veicolo.