Blockchain

Domenico Barra, glitch artist: gli NFT per un collezionismo condiviso e collettivo

Domenico Barra è un artista digitale, esponente di punta della glitch art italiana e internazionale.

Interessato a raccontare l’errore, il limite, la diversità e la vulnerabilità, indaga l’influenza delle nuove tecnologie sulle relazioni tra umani/macchine. I suoi lavori sono apparsi su molte riviste ed esposti in vari musei e gallerie come la DAM Gallery di Berlino, il Media Center di New York, la Galerie Charlot di Parigi, il Digital Art Center di Taipei e online al The State Hermitage Museum, al World Intellectual Property Organization [WIPO], alla Central Academy of Fine Arts [CAFA] di Pechino, al MediaLAB dell’Università di Brasilia.

Fa parte dei progetti curatoriali di Sedition Gallery, ELEMENTUM e Snark.Art ed è creatore della rete artistica online White Page Gallery/s. Insegna Glitch Art e Dirty New Media all’Università di Belle Arti di Roma [RUFA].

Il suo percorso artistico ha intersecato gli NFT portandolo a sperimentarne le potenzialità espressive, divulgative e sociali ma anche a individuarne i limiti e le ambiguità. Ce ne parla in questa conversazione.

Qual è stato il tuo approccio al mondo NFT? Quale percorso artistico stai seguendo?

Un approccio segnato dall’incertezza e dai dubbi.

Devo ammettere che all’inizio conoscevo molto poco questo mondo e mi riusciva davvero difficile capire non tanto le motivazioni ma l’applicazione della tecnologia in tante delle opere presenti sul mercato. Trovavo anche problematico capire cosa intendessero molti degli artisti nel definirsi cripto-artisti. Non capivo il legame tra cripto e arte. In tante discussioni sentivo rimarcare tantissimo la parola cripto e tanti ne davano la propria interpretazione.

Alla fine ho capito che tutta la scena stesse comunque ancora cercando una propria dimensione e identità.

Tra queste maglie molto larghe mi sono inserito, decidendo di navigare in libertà e di sperimentare sulla mia pelle. Quindi, abbandonando le incertezze, mi sono fatto guidare dai dubbi e ho iniziato, da buon glitch artist, a esplorare il paesaggio digitale dell’arte digitale powered by NFT. Quelli che mi interessavano erano soprattutto, e lo sono ancora, i modelli di decentralizzazione, come questi venissero adottati per la creazione di art oriented community e come l’arte giocasse questo ruolo centrale nella vita delle diverse community.

Mi sono lanciato senza pretese e ho iniziato a mintare i primi NFT su diverse blockchain per capire cosa spingesse gli artisti a scegliere come riferimento una blockchain piuttosto che un’altra.

Il mio interesse principale erano le community, le persone come chiave per decifrare questo cripto-mito.

Devo ammettere però che le opere NFT non sono riuscite ad avere un impatto sul mio linguaggio artistico: la mia ricerca è sempre legata alla sperimentazione dell’emisfero della glitch art.

Quello che in questi anni ho imparato è che nonostante in tanti abbiano adottato la definizione “NFT artist” nelle loro bio, sono pochi i progetti che veramente utilizzano gli NFT dinamici per la creazione delle opere.

Io stesso, per il momento, non ho sperimentato artisticamente gli smart contract, le transazioni, o la generazione algoritmica ma ho comunque lavorato ad alcuni progetti di NFT prodotti dalSnark.art, factory/piattaforma per la quale lavoro.

I Fortune Cookies, che ancor prima dell’opera di Damien Hirst (e credo forse anche di PAK) hanno messo i collezionisti davanti alla scelta di tenere l’opera NFT oppure “bruciarla” scoprendo così la previsione del loro futuro. 89 Seconds Atomized, che ha creato un primo modello di collezionismo collettivo e infine Organic Growth:Crystal Reef, un progetto di arte generativa 3D potenziato da NFT dinamici dove a ogni transazione l’oggetto subisce una mutazione per un totale di sette livelli di crescita con diverse proprietà.

Gli NFT sono un sigillo o, meglio, una convenzione a cui diamo più o meno valore: li ho adottati, ci lavoro, li colleziono ma qualche dubbio lo porto ancora con me.

Qual è, a tuo avviso, l’estetica prevalente nel mondo dell’arte NFT? Si può parlare di un “movimento”, di una corrente come quelle che hanno caratterizzato il Novecento?

Nel pentolone cryptoart confluiscono estetiche diverse, con linguaggi e tecniche diverse, un melting pot molto interessante e ricco, ma l’unica estetica propriamente cryptoart è quella che poi, in fin dei conti, strizza l’occhio alla post-glitch art, vedi la trash art e la vaporwave, o comunque un’estetica propria dei linguaggi della rete, delle blockchain, i meme, anche le meme-coin come il Doge e Shiba Inu.

Alla fine, credo, la cripto-arte non vada intesa come un’ estetica, nonostante l’uso di simboli cripto di cui tanti artisti si sono appropriati, ma piuttosto come arte digitale “originale”. Un’opera di cripto-arte è un’opera d’arte digitale “autentica”, di cui possiamo verificare la provenienza, ma che comunque non certifica la sua autenticità e originalità.

C’è comunque un movimento globale, che poi si dirama in diverse direzioni. Quello prevalente credo sia quello che si forma tra gli ambienti più generalisti, tra gli NFT enthusiast con i loro slang WGMI, OG, GM che hanno come artisti di riferimento PAK, Beeple, Fewcious e che, tendenzialmente, collezionano arte digitale dozzinale seguendo branding e marketing. Questi vanno per la maggiore, anni luce distanti dalla mia cultura.

Poi ci sono i vari sottoboschi, piccoli movimenti che fanno cultura, spesso controcultura. Alcuni si formano dentro le piattaforme, vedi Hic Et Nunca, che è una community molto interessante con tante autoproduzioni e progetti collettivi.

Ci sono correnti nella storia dell’arte che possono essere accostati, per qualche aspetto, alla cripto-arte? Artisti ispiratori/precursori? Penso, per esempio, all’optical art o a Mario Schifano e le sue tele computerizzate.

La cripto-arte è difficile da paragonare a un movimento. La Pop Art e l’opera di Schifano possono fornire spunti di interpretazione ma non tanto nella metodologia quanto nell’uso di simboli e nella dedizione al mercato di massa. Anche la graffiti art può essere chiamata in causa per il senso condiviso di fratellanza, inclusione, supporto, collaborazione che si ritrova nella cryptoart.

Forse ci sono tratti riconducibili a diversi movimenti, proprio perché nella cripto-arte alla fine ci sono finiti dentro un po’ tutti, ognuno portando con sé la propria storia e quindi le proprie influenze: fotografi, animatori, illustratori, generativi che hanno il minting come unico atto comune. Spesso viene citata la Net Art, ma questa corrente prendeva le distanze da quel mondo dell’arte, delle gallerie e del mercato da cui gli NFT sembrano, almeno in parte, già riassorbiti.

Domenico Barra, Ode al Rumore

Hai citato le communities che si formano nel mondo NFT.

Gli NFT come convenzione per un collezionismo condiviso e collettivo sono la parte più interessante di tutta questa storia così come i progetti che si formano attorno alle DAO.

Nonostante l’innovazione, alcune dinamiche restano però sempre tossiche: per esempio la figura dell’idolo e degli influencer proprie dell’era dei social media e del web 2.0. Questi personaggi, caratteri e caricature, stanno condizionando molto la scena. Diciamo che gli NFT sono un ottimo elemento nelle future campagne di PR per celebrity di ogni tipo e intorno a questi personaggi si concentrano spesso delle community o si impongono tendenze. Rischiamo che il metaverso diventi una fantasy land di varie celebrity che impersonano avatar.

Qual è l’approccio alle tematiche di genere, LGBTQ+, in generale alle questioni dell’inclusività?

La scena è molto attiva e inclusiva, dalle questioni di genere a quelle razziali e religiose, non ci sono barriere, anzi, c’è un’apertura davvero importante e tangibile, reale. C’è un’alta partecipazione alle iniziative di empowering.

La scena ormai è vastissima, è davvero difficile capire quello che succede sui tantissimi server Discord o gruppi Telegram.

Gli artisti sono interessati agli aspetti tecnici e legali di blockchain / NFT? Si chiedono dove risiedono le loro opere, se possono essere cancellate/modificate?

Questo aspetto rappresenta ancora una barriera, soprattutto per gli artisti che non arrivano da un background new media art o che non abbiano conoscenze IT e DeFi. C’è comunque un forte interesse da parte degli artisti nell’approfondire la parte tecnica: gruppi, forum, pubblicazioni cercano di colmare queste lacune. Per esempio nel nostro gruppo italiano R.I.O.T. c’è una buona condivisione di sapere con i nuovi iscritti “neofiti”.

Quali pensi siano i marketplace più interessanti?

Quelli su blockchain Tezos sono quelli che stando rendendo questo mercato accessibile, partecipativo e decentralizzato, almeno per quel che si può.

TEIA, OBJKT, Versum, sono dei marketplace davvero interessanti con la forte partecipazione delle community, opere accessibili insieme ad altre più care: il collezionismo è reale, lontano dai record milionari raccontati e decantati da media e cripto entusiasti.

Anche Rarible sta facendo ottime cose, creando dei ponti tra le diverse blockchain, e probabilmente darà del filo da torcere a OpenSea, che resta sempre il colosso con tutti i vantaggi e le criticità che comporta in termini di integrità e affidabilità.

La maggior parte dei miei lavori sono su OpenSea, sia perché mi permette di creare collezioni sia perché consente il lazy minting (un’opera è messa in vendita ma non ne viene fatto il minting fino al momento dell’acquisto, evitando il pagamento di fees su opere non vendute ndr)che è stato un vantaggio quando il gas è schizzato a cifre. Su OpenSea sono riuscito a trovare il giusto bilanciamento tra spazio e costi, anche se adesso inizio a valutare altre soluzioni.

Non credo esista la piattaforma perfetta, alla fine si sceglie quella su cui meglio si riesce ad adattare e posizionare il proprio lavoro, spesso anche in base al target.

Domenico Barra, Virology | Virus.DOS.Italian.578

Quali pensi possano essere le modalità di diffusione al grande pubblico di queste opere: tradizionali/rivisitate come mostre in spazi fisici/virtuali o qualcosa di completamente nuovo?

Lo spazio della sperimentazione è infinito. Dipende molto da quanto le nuove tecnologie del metaverso diventeranno accessibili al grande pubblico.

Credo che al momento i limiti sono ancora quelli che da anni condizionano la diffusione dell’arte digitale. Mettere un video o un’immagine su uno schermo in una sala è semplice, lo è meno creare delle esperienze curatoriali di impatto, che riescano davvero a raggiungere e impressionare il pubblico rimanendo nell’immaginario collettivo.

Spero di vedere più spazi dedicati all’arte digitale, che siano NFT o altro, poco importa. Questi spazi dovranno favorire la divulgazione e la consapevolezza per una maggiore alfabetizzazione digitale del settore, anche tra curatori e artisti, per creare mostre e progetti che non siano solo dei display stile pubblicitario.

Quello che riesco davvero poco a immaginare è il concepire lo spazio virtuale come se fosse uno spazio fisico. Ci sono gallerie e piattaforme fatte di ambienti con le luci dalle finestre, addirittura con sedie e uscite di emergenza. Dobbiamo concepire lo spazio virtuale e le opere digitali diversamente, e diverse devono essere le esperienze, le prospettive, le interazioni.

Spero che questa abbondanza di arte, questo flusso forte di creatività che si sta diffondendo su molteplici livelli ci aiuti a sviluppare, grazie alla contaminazione dei linguaggi, un’immaginazione più ampia, più fervida.

Conosci la scena italiana NFT?

Sono forse la persona meno adatta a parlare di questo argomento e ciò è dovuto alla mia poca frequentazione della scena, che è limitata a un gruppo di riferimento, che è quello che ho menzionato prima, R.I.O.T.. Quello che so è che la scena Italiana è promettente, vivacissima, fortemente partecipata. L’arte come piattaforma di socializzazione, come aggregatore sociale è un fenomeno potente.