Non farei parte di un club che…
Non sono entrato in Clubhouse, sono un po’ nauseato dai social, o meglio dai loro frequentatori. Sono quasi al massimo grado di asocialità sia online che offline.
Comunque un post interessante sul social in cui tuttiparlanoeforsequalcunoascolta lo scrive Jacopo Paoletti
Quello che si dice in una delle stanze virtuali di Clubhouse resta in Clubhouse, che è tipo la prima regola di questo nuovo Fight Club virtuale (la seconda al momento è che su Clubhouse un po’ ovunque si parla di Clubhouse, ma passerà, spero).
La via europea al digitale negli anni ’90
Agli inizi degli anni ’90 in Europa nacque un movimento antitetico alla Wired-culture e ai tecno-ideali propugnati dalla nascente Silicon Valley.
Al cyberspace si contrapponeva il nettime.
Considerando che il concetto di una rete spaziale inquadra gli esseri umani come occupanti di un mondo virtuale fisso […] “nettime” suggerisce che il loro impegno reciproco costituisce fondamentalmente la rete stessa: non esiste rete senza i nodi che essa collega. Piuttosto che “andare” passivamente online e navigare tra le pagine, produciamo attivamente la rete insieme, in tempo reale, attraverso la nostra partecipazione collettiva.
Echi di questo movimento si ritrovano nelle linee guida e negli indirizzi che la UE individua per la sfera digitale.
Fonte: Specter in the Machine (Logic)
La rete dei trasporti e della logistica mondiale “open access”
L’Internet fisico è quello costituito dalla rete dei trasporti e della logistica mondiale: strade, aerovie, rotte marittime connesse da hub.
Attualmente questa rete non è molto efficiente. Ridefinirla secondo modalità open access come Internet e creare gemelli digitali di ogni entità coinvolta (merci, vettori, depositi ecc.) permetterebbe di renderla essa stessa una rete all digital, con molti vantaggi su ottimizzazione, riduzione costi ecc.
Le blockchain, come spesso indicato, possono essere uno strumento prezioso per questa riprogettazione.
Fonte: How the ‘physical internet’ could revolutionise the way goods are moved (Horizon-Magazine)
Life after Life
“Life” è apparentemente un semplicissimo gioco per computer ideato nel 1970 dal matematico John Conway (morto quest’anno per Covid).
“Life” è in realtà il primo esempio di automa cellulare che descrive l’evoluzione di un sistema complesso.
Le configurazioni di celle in una griglia evolvono seguendo solo tre regole ma generano un'”infinità di forme bellissime”, creature effimere o persistenti, dinamiche o statiche, oscillanti o autoreplicanti.
Fonte: The Lasting Lessons of John Conway’s Game of Life (nytimes.com)