Metà anni ’80. San Francisco. Una malattia sconosciuta colpisce i membri della comunità gay. È insidiosa, devastante, mortale. A differenza dell’attuale epidemia, questa passa praticamente sotto silenzio. Né i media né le autorità governative se ne occupano. Anche se si sta espandendo al fuori dalla Bay Area, sembra colpire solo gli omosessuali e questo costituisce fonte di stigma, non di preoccupazione. Non ci sono informazioni ufficiali e attendibili su come cercare di prevenirla, contrastarne la diffusione, curarne i sintomi. Il suo nome è Sindrome da Immunodeficienza Acquisita: AIDS.
Ben Gardiner è un musicista e compositore sessantenne. Ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, è stato sposato, ha avuto quattro figli. Si occupa delle persone ai margini della società, ex-detenuti, alcolisti, disadattati. È gay e partecipa come attivista alla campagna di Harvey Milk. Inoltre è un appassionato di tecnologia, in particolare di computer, che in quel periodo stavano appena cominciando ad affacciarsi al grande pubblico.
Da buon “early adopters”, Gardiner usa le BBS (“Bulletin Board Systems”), rudimentali forum online nati alla fine degli anni ’70 e usati dall’avanguardia tecno-progressista americana. Emblema del primo Internet decentralizzato, paritario, non commerciale, rappresentarono le prime comunità virtuali, organizzate per argomenti, dove si poteva chattare e scambiarsi file. Malgrado i costi piuttosto alti (solo il modem costava circa 700/1.000 dollari) e la lentezza di connessione migliaia di persone utilizzavano le BBS. Anche per scambiarsi immagini porno, ovviamente. Come Gardiner.
Ma nel 1985 un suo caro amico morì di AIDS. A quel punto Gardiner pensò che una bacheca online potesse essere uno strumento utile come fonte informativa per contrastare l’epidemia. Chiamò Mark Pearson, un informatico sieropositivo, e insieme crearono una AIDS BBS per informare e sostenere la comunità queer. Fu una mossa rivoluzionaria perché fu la prima volta che un forum online si dedicava a temi legati alla sanità pubblica.
Come scritto nell’articolo su One Zero (fonte di questo post):
In un momento di incertezza, sofferenza e perdita senza precedenti, Gardiner si sarebbe rivolto all’emergente Internet per proporre una visione utopica di come la tecnologia di rete avrebbe potuto aumentare la consapevolezza e salvare vite umane. Ha immaginato uno strumento di organizzazione della comunità per le persone emarginate, uno spazio in cui gli attivisti potevano raccogliere i suggerimenti cruciali per la sicurezza che il loro governo non era in grado di fornire.
Questo social network ante-litteram nel 1987 veniva visitato da 500 persone ogni giorno, con una media di 100 messaggi postati. E questo malgrado l’accesso fosse possibile solo un utente alla volta!
Il lavoro di Gardiner come amministratore e moderatore era notevole, e si svolgeva per lo più dietro le quinte. La sua principale preoccupazione era quella di fare informazione in modo corretto, evitando che si diffondessero false notizie sulla malattia, sulla sua evoluzione, su cure, farmaci, protocolli. Ogni post non conforme a queste linee guida veniva cancellato. A differenza dei social media moderni, l’obbiettivo non era quello di avere sempre più utenti, ma di fornire un servizio utile alla comunità. I visitatori, in una sezione apposita, raccontavano anche le loro esperienze di malati o compagni di sieropositivi. Infermieri e dottori fornivano il loro contributo, creando il primo canale di comunicazione diretto tra gli esperti e le comunità alle prese con l’HIV.
Spesso, però, i post erano semplicemente l’occasione per sfogarsi, cercando di dare un senso a quello che stava succedendo.
La BBS di Gardiner divenne un punto di riferimento, spingendo molte persone lesbiche e omosessuali ad andare online e a frequentare i forum; in effetti, analizzando le BBS degli anni ’80 e ’90, la cultura queer era sovra-rappresentata. Successivamente, con la nascita del web, questi forum favorirono la nascita di siti web come gay.com, fondamentali per l’evoluzione della cultura LGBT.
Gardiner continuò ad essere un’attivista gay, on e offline, fino alla sua morte, nel 2010.
Nella sua conclusione Michael Waters, autore dell’articolo originale, scrive:
La sua eredità vive in chiunque ora acceda a Internet in buona fede per fornire informazioni e sostegno ai sofferenti, nei milioni di persone che si sono spinte in avanti, mettendo a frutto le frontiere del web, trovando spazio in Facebook e Twitter per diffondere informazioni cruciali a chi ne ha bisogno.