Iniziamo questo post parlando di un progetto italiano, BitSong.
Si definisce la “prima piattaforma di streaming decentralizzata” ed è basata su due tecnologie che già abbiamo incontrato nei precedenti post: blockchain Ethereum per pagamenti e gestione degli smart contract e IPFS per lo storage e la distribuzione dei file (audio e video).
I fondatori sono Angelo Recca, sviluppatore e imprenditore, e Rino Ticli, DJ. Il team è eterogeneo, composto da figure provenienti da vari ambiti (tecnici, manageriali e dal settore audiovisivo) e con diversi livelli di esperienza. La sede è a Malta, un paese che punta molto su blockchain e criptovalute.
La lettura del white paper — un po’ confuso e non particolarmente esauriente — ci permette di avere un’idea generale del modello di business che BitSong vuole proporre.
In pratica il modello si basa sulla pubblicità; il 90% dei ricavi pubblicitari sarà diviso tra gli artisti che hanno i propri brani o video sulla piattaforma e tra gli utenti/ascoltatori, secondo criteri non meglio specificati. L’artista potrà anche essere supportato direttamente attraverso donazioni.
La valuta di riferimento sarà il BitSong (BTSG).
Gli unici utilizzi esplicitamente indicati per gli smart contracts sono quelli che dovrebbero premiare i nuovi abbonati e chi inviterà altri utenti sulla piattaforma oltre a chi, genericamente, creerà contenuti.
L’obbiettivo è quello di essere presenti sul maggior numero possibile di canali di distribuzione digitali, dagli smartphone con l’app ai pc con l’interfaccia web, dalle smart tv alle smart radio.
Attualmente il progetto è in fase di pre-ICO; l’ICO pubblica dovrebbe partire, secondo la timeline, il 10 agosto 2018.
VOISE
Anche se un progetto sembra non avere tutti i requisiti — tecnici, di trasparenza, di management, di business — per ambire a trasformarsi in un’impresa di successo può comunque contenere elementi interessanti.
Prendiamo il caso di Voise, progetto di una piattaforma decentralizzata per il download di musica (quindi non streaming) che si regge sull’abituale binomio Ethereum (per transazioni e smart contract) e IPFS (per lo storage dei file).
Ideato e portato avanti da un piccolo team canadese Voise sembra in fase di stallo; tuttavia nel white paper ci sono un paio di idee e funzionalità che vale la pena di citare.
La prima è quella del Voise Radio DAO, un canale attraverso il quale viene creata una playlist globale, scelta dagli ascoltatori, che promuove canzoni e artisti, facendoli conoscere e apprezzare attraverso un particolare meccanismo di votazione.
Per scegliere la prossima canzone da ascoltare gli utenti “scommettono” dei “voices” (i token della piattaforma); viene scelta quella che ottiene il maggior numero di voices, i quali a loro volta vengono girati dall’artista. Non si comprende bene qual è l’utilità per l’utente di investire i propri soldi, se non quella di promuovere il proprio cantante o gruppo preferito. Anche se nel documento non è specificato, si potrebbe pensare di girare agli utenti che hanno scelto il brano vincente una percentuale della somma destinata all’artista.
Un altro concetto da approfondire è quello del Masternode: gli utenti possono impegnare un certo ammontare di voices per un mese, ricevendo in cambio una quota dei ricavi della piattaforma (non è specificato di quale natura, pubblicitari immagino) durante quel periodo di tempo.
Open Music Initiative (OMI)
I progetti di cui abbiamo parlato in questi primi post sono solo alcuni tra quelli che si propongono di innovare l’industria musicale attraverso l’utilizzo delle blockchain. Alcuni progetti sono più promettenti, altri meno.
Ma che l’esigenza di svecchiare i modelli di business attraverso le tecnologie oggi a disposizione sia sentita a tutti i livelli è testimoniato dall’ Open Music Initiative (OMI). Fondata nel 2016 dal Berklee College of Music con il supporto del MIT Media Lab, di IDEO e dei Context Labs, questo progetto non-profit si propone di creare un protocollo open source per l’identificazione univoca degli autori e dei titolari dei diritti sulle opere musicali.
Uno dei grandi problemi del settore, abbiamo visto, è la difficolta di tener traccia di chi ha contribuito a creare una canzone (artisti, tecnici, produttori ecc.) in modo da poter adeguatamente distribuire le royalties. Queste informazioni sono memorizzate in database diversi (quelli delle case discografiche per esempio) che non comunicano tra di loro; i metadati che accompagnano i file sono spesso incompleti e possono contenere informazioni non aggiornate. Come spiega Panos Panay, uno dei fondatori dell’OMI “la parte editoriale del business sta diventando più complessa perché al giorno d’oggi più brani sono di proprietà di più autori. Le persone collaborano da remoto e realizzano nuovi lavori che contengono materiale con copyright di proprietà di altre persone.”